domenica 30 luglio 2017

Ippogrifo in letture racconti al RIVER SIDE



La narrazione: esperienza individuale o costruzione di comunità? (di Andrea Pagani)

Qualche anno fa, mentre ero in viaggio fra Firenze e Roma in treno, mi capitò un fatto strano, che dapprima suscitò in me una specie di divertito imbarazzo, ma, via via che quell’episodio di sedimentava nella mia memoria, finì per acquisire un ruolo sempre più simbolico e determinante.
Ero salito sulla Freccia Rossa alla stazione di Bologna.
Ricordo che me ne stavo comodamente seduto a leggere un fumetto di Ken Parker, immerso nella storia, anche se, in verità, distratto da altri pensieri che in quel periodo mi tormentavano, quando una signora molto elegante e distinta, sui sessant’anni, si sedette davanti a me.
È come se l’avessi ancora di fronte.
Indossava un sobrio ma al contempo raffinato cappotto beige, di sofisticata fattura e di morbida sagoma affusolata, che calzava perfettamente sul suo corpo, tant'è che dava l'impressione di essere stato confezionato proprio per lei.

Il dono della narrazione (di Andrea Pagani)

C’era una volta… la narrazione.
Potremmo aprire così, cari lettori, secondo la migliore tradizione della affabulazione romanzesca, il nostro racconto.
C’era una volta la narrazione.
E in effetti, la più antica magica storia di tutti i tempi, d’una forza seduttiva intramontabile, narra di una giovane donna, scaltra e curiosa, di nome Shahrazàd, figlia maggiore del gran visir, che per placare l’ira omicida contro le donne del re persiano Shahriyàr escogita un piano: ogni sera racconta al sultano una storia, rimandando però il finale al giorno dopo, in modo che il sovrano resti in sospeso, costantemente in attesa dell’epilogo, per “mille e una notte” (forma simbolica per indicare un tempo imprecisato di tempo), fino a quando egli si innamorerà della fanciulla e le renderà salva la vita.
Insomma, una meravigliosa metafora del potere del racconto, della capacità evocativa della parola, della funzione salvifica e liberatoria della narrazione: il dono per eccellenza.
È quello che capita, non troppo diversamente, nel Proemio del Decameron di Giovanni Boccaccio, una sorta di manifesto letterario, dove l’autore dichiara che le sue novelle, ricche di un invincibile potere di incantamento, sono destinate alle donne, imprigionate nelle loro camere dai mariti, dai padri, dai fratelli: e dunque chi più di loro si merita il “dono” della narrazione?

E chi negherà questo, quantunque egli si sia, non molto più alle vaghe donne che agli uomini convenirsi donare? Esse dentro à dilicati petti, temendo e vergognando, tengono l’amorose fiamme nascose, le quali quanto più di forza abbian che le palesi coloro il sanno che l’hanno provate: e oltre a ciò, ristrette dà voleri, dà piaceri, dà comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti, [...] volendo e non volendo in una medesima ora, seco rivolgendo diversi pensieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri. 

E arriviamo così, grazie alla guida di un Maestro della parola, al cuore del nostro discorso: la scrittura è un dono.

lunedì 24 luglio 2017

Letture pubbliche Palazzo Sersanti 11 maggio 2017



Ciclo di letture pubbliche da parte dell' Associazione Ippogrifo Imola sue tema: "il gioco" nel terrazzo di Palazzo Sersanti a Imola

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